Dato come postulato cartesiano che siamo stati tutti in vacanza,varrebbe la pena ,prima di lasciarsi alle spalle improbabili aperitivi in bottiglietta o l'ennesimo tentativo di far andare di moda il trikini, fermarsi a riflettere su quanto accaduto.
Per un giorno,un pomeriggio o per un attimo, abbiamo sentito il bisogno di fare esperienze originali , lontane da un conformismo che in città ci insegue come un' Erinne, cercando di trovare per primi posti contrassegnati da quei simboletti rossi (mai capito cosa fossero)che sulla guida Michelin indicano "luogo ameno".
La crisi economica ha imposto una certa austerità e quindi niente vacanze chiassose o intercontinentali ma semplici alberghi, ricavati in sperdute isole ex carceri penitenziarie dove ora si pratica la "Cateno -terapia". In deliziose cellette di isolamento senza cibo e alcun tipo di confort ,tranne ca va sans dire una presa per ricaricare l'Ipad,si sublima la nuova frontiera del detox. Oppure case di pescatori, disagevoli per antonomasia, per ritrovare noi stessi e scoprire quanto non ci piacciamo, dove intorno non c'è assolutamente nulla tranne la pista di atterraggio per l'elicottero del ricchissimo vicino che ci ricorda tanto la fermata dell' ottantuno sotto casa. Spiagge disabitate,impervie, dove arrivano solo gli svedesi o i bambini neozelandesi con le tute anti-sole al carbonio, pallidi come la luna ma fieri di aver capito, a tre anni, che lo schermo totale tanto decantato dalle nostre creme è una boiata pazzesca.Armata di borsa di paglia,bambina,e scarpa sbagliata, in balia delle onde senza le facoltà di una sirena , ho attraversato suggestive passerelle naturali per raggiungere insenature incollocabili nello spazio e nel tempo e facendo i conti con i miei limiti e l'assoluto rifiuto di prenotare un tutto compreso a Cesenatico solo per poter raccontare "c'eravamo solo noi e due finlandesi" (e di aggiungere mentalmente un vulgaris " E ti credo").
La sera di ferragosto poi, giammai un trenino o cotillons ma una serata a tema "Jacques Brel". Dress code: dolcevita nero e una depressione a scelta.Quattro ore gestite da uno chansonier al massimo di Ventimiglia, inesorabilmente torvo, intento a gestire uno sparuto gruppo contrario per principio al trenino. Oppure un concerto di Oboe sulle montagne,da raggiungere a piedi strafatti di Kapriol,dove la gravità del suono provoca una slavina tale da immettere il pubblico in una situazione di allerta ambientale quasi a sottolineare, anche in vacanza, il senso di caducità della natura .In alternativa cene in masserie dove tutto è di recupero, la cui punta di diamante sono delle scomodissime sedie a sdraio ricavate da cariole in disuso. Diconsi a impatto zero,soprattutto quando il tuo fondoschiena sbatte sulle chianche del pavimento ,di recupero ovvio, trovate in una vecchia chiesetta abbandonata nel Cilento "le abbiamo viste e abbiamo pensato che erano perfette per la casa in Puglia" .Quanto abbiano speso per trasportarle non lo sapremo mai.
Dopo aver degustato qualsiasi prodotto tipico in qualsiasi tipo di terrina mi accingo a degustare il solito caffè, al solito bar, nella solita tazzina di vetro che sarà il mio Caronte verso un anno pieno di quelle sicurezze,molto poco originali ,che mi fanno sentire libera di asserire che parto sempre un pò per amare il mio ritorno.
Ed ecco qui che, contrariamente ad ogni aspettativa, anche io,ho un pensiero originale e finalmente contro tendenza.
P.S. Questo post è dedicato a tutte le persone che mi hanno ospitato durante le vacanze, consapevole di quanto ,molto più dei fondali trasparenti o della sagra della qualsiasi,sono loro che hanno fatto la differenza.
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